NO TAP: CONTRO IL PROGETTO E L’ESPIANTO DEGLI ULIVI

di CARLO CUCCOMARINO

I lavori di costruzione del gasdotto che trasporterà gas naturale dall’Azerbaijan in Europa sono cominciati nel 2016.Il Trans Anatolian Pipeline si collega di fatti alla zona di confine fra Grecia e Turchia.Il metanodotto attraverserà l’Albania e l’Adriatico per approdare sulla costa salentina di San Foca di Melendugno. Lungo 878 km, l’attraversamento dell’Adriatico sarà lungo 105 chilometri dalla costa albanese a quella italiana. In Italia Tap approderà dunque in Salento, a San Foca, la marina di Medelugno. La condotta sottomarina che attraverserà le acque territoriali italiane misurerà circa 25 km, mentre il tratto sulla terraferma del tracciato del gasdotto sarà di 8,2 km fino al terminale di ricezione.
Il metanodotto avrà una capacità iniziale di 10 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno, equivalenti al consumo energetico di circa 7milioni di famiglie in Europa. In futuro,la quantità trasportata potrà raggiungere fino a 20 miliardi di metri cubi all’anno.
I principali azionisti di Tap sono le più importanti società del settore energetico: Socar, Snam, Bp, Fluxy, Axpo e EnagBs.
Una grande opera privata, voluta dalla Commissione Europea e benedetta dal Governo Italiano ma che non è accettata dalla popolazione del Salento. Al Cantiere Tap di Melendugno, dove sono ricominciati i lavori di espianto di 231 alberi d’ulivo, radici  millenarie del Salento, le forze dell’ordine hanno cinturato il cantiere davanti al quale da giorni gli attivisti #No Tap – donne e uomini di tutte l’età, bambini e anche una cinquantina di studenti di scuole medie superiori accompagnate dai docenti – protestavano. Ci sono  sei sindaci con la fascia, tra questi il Sindaco di Melendugno, Marco Poti, e alcuni consiglieri regionali.
Le cariche delle forze dell’ordine hanno forzato più volte i sit-in messi in atto dai manifestanti facendo crescere la tensione, giornate tristi per la democrazia.
Una società privata, la Tap, chiede e ottiene la protezione dello Stato italiano per fare la sua attività, nonostante il parere contrario di cittadini e istituzioni. Il governatore della Puglia, Emiliano, che non ha mai detto no al gasdotto Tap ma vuole favorirne la realizzazione attraverso una sua diversa collocazione, afferma che «il Governo dà la misura della sua incapacità di ascoltare».
Vale la pena a questo punto chiarire che uno degli aspetti più rilevanti della forma di governo neoliberale è di non arretrare davanti ai “movimenti sociali”, non negoziare con loro. L’attuale governo italiano, che si dice democratico e di centro – sinistra, riteniamo abbia adottato tale stile autoritario e intransigente, rompendo in modo esplicito con tutte le forme di compromesso sociale, quasi come se avesse voluto fornire, nei confronti del potere europeo, l’ennesima prova della sua adesione piena e integra all’agenda ordo liberale.
Cosa significa questo per il #No Tap?
Significa che il gasdotto si deve realizzare, è un opera strategica europea, valutata positivamente dal Governo Italiano. Lo si legge chiaramente nella replica che il Ministero dell’Ambiente fa alla Regione Puglia, che a sua volta aveva annunciato di impugnare davanti al Tar la nota  stessa del Ministero con la quale si autorizza Tap a effettuare le “attività preparatorie” per l’inizio dei lavori.
«La Commissione VIA, ha replicato il Ministro Gian Luca Galletti (organo di valutazione indipendente dal Ministero e da ogni indirizzo politico), ha lavorato per mesi con il massimo rigore scientifico e poi dato parere favorevole con prescrizione al Progetto Tap: ciò significa che questo, ottemperate le prescrizioni del VIA, rispetta in pieno le normative a tutela dell’ambiente».
In sostanza le norme sono lo strumento dell’azione di governo, il che significa: «strutturare il campo d’azione possibile per gli altri». Insorge ,dunque, il potere delle norme. Un potere che si rivela particolarmente insidioso, perché genera gli elementi che regolano.

Le norme determinano anche il campo delle possibilità: se le leggi si applicano a un reale già dato, le “norme” si esercitano sul possibile. E’ dunque possibile pensare una resistenza?

Sì: anzi è un compito che ci coinvolge tutti, perché i “fenomeni del dominio” non sono mai  a senso unico ma contengono sempre la condizione del proprio rovesciamento. Riprendendo anche il Foucault de Le parole e le cose, l’orizzonte del “darsi norme” al di là della richiesta di leggi e diritti, impone un “allentamento delle maglie del potere”, o un “rovesciamento del potere e costruzione di un contropotere”?  Un dilemma solo apparente ma interno ancora alla stessa logica del dominio che andrebbe oltrepassato.
Ritorna così una discussione antica e sempre nuova, un dilemma interno anche alla stessa logica del dominio, nonostante l’evidente complicarsi delle contraddizioni operanti nella nostra contemporaneità, dove non ci è permesso ignorare che lo sfruttamento e l’alienazione rimangono coppia inscindibile nella contraddizione principale e sono l’espressione esatta dell’esercizio del dominio.